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Giulia. Il vestito di raso – Parte 1


di Giulialacuriosa
01.09.2022    |    343    |    0 8.7
"Tre abiti giacevano distesi sul bancone accanto alla cassa mentre la ragazza li osservava incerta, accarezzandoli uno a uno..."
Tre abiti giacevano distesi sul bancone accanto alla cassa mentre la ragazza li osservava incerta, accarezzandoli uno a uno.
Appena era entrata in negozio avevo capito di avere il vestito perfetto per lei: era arrivato con la consegna del mattino e, anche se togliendolo dalla confezione mi era sorto qualche dubbio sul modello, quando lo provò capii di aver fatto centro.

Era arrivata alle 18.45, trafelata, sapendo che da lì a poco avrei chiuso la saracinesca. Aveva passato i primi secondi a scusarsi perché non voleva farmi ritardare.
La trovai subito bellissima, sarà stata la piega sorridente di quelle labbra piene, o le lunghe gambe che uscivano da quegli shorts di jeans, o forse ancora gli occhi verdi incorniciati da sopracciglia perfettamente disegnate. Qualunque fosse il motivo, sentii che in me qualcosa si stava risvegliando.
Mi ero accorta che lei non portava il reggiseno: erano sbocciate due vivaci piccole puntine all’altezza dei suoi capezzoli, sotto la canotta, a causa dell’aria condizionata del negozio.

Afferrai velocemente 2 abiti dalle loro grucce e li appesi in camerino insieme a quello che avevo già scelto per lei, affinché li provasse tutti.
Lo fece, credendosi al riparo dietro quella tenda che – come quasi tutti i paramenti dei camerini – non si chiudeva mai perfettamente.
Avevo una postazione collaudata per quei momenti, tra le mensole del reparto foulard. Da lì potevo fingermi indaffarata a sistemare la merce, e nel frattempo assistere a quasi tutto quello che succedeva dietro la spessa tenda del salottino di prova.

Quella sera lo spettacolo era notevole.
La cliente aveva forme aggraziate, fianchi morbidi e spalle ossute, ma ciò che mi lasciava senza parole era la luce riflessa dalla sua pelle perfetta.
Si tolse la canottiera, liberando il seno. Immaginai di avergliela sfilata io e di stringerla tra le mie mani al posto del fazzoletto di seta cinese grigio che accarezzavo, talmente leggero e delicato da scivolare su sé stesso.
Alzai di nuovo lo sguardo verso di lei e la vidi mentre saltava fuori dagli shorts svelando tutta l’eleganza dei suoi movimenti. Indossava un perizoma di pizzo rosa e fece una cosa curiosa: si guardò allo specchio e la sorpresi accarezzarsi il pube mordendosi il labbro inferiore. Rimasi a fissarla inebetita, senza riuscire a distogliere lo sguardo.

Si infilò una mano dentro la biancheria risvegliando il mio interesse.
Osservai la sagoma delle sue dita muoversi in piccoli cerchi delicati sotto il pizzo trasparente e di colpo si fermò. La vidi cercare freneticamente qualcosa nella sua borsa marrone, finché ne estrasse un piccolo sacchetto grigio e lo smartphone. Subito non capii cosa stesse facendo con tanta fretta, poi compresi: aprì il sacchetto, lo capovolse e si ritrovò nel palmo della mano un oggetto rosso che sembrava un piccolissimo mouse.
Lo fece scivolare dentro il perizoma, e si concentrò sul suo smartphone finché l’aggeggio, evidentemente, iniziò a massaggiarla.
Non riuscivo a respirare, né a smettere di spiarla: stava succedendo davvero? Nel camerino del mio negozio?!

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Continuai incantata a fissarla per tutto il tempo che impiegò a entrare nel vestito che le avevo proposto, stringendo le cosce, appoggiandosi alla parete e mordendosi il labbro inferiore. Caspita, quel coso ci sapeva fare!
Si sistemò il tessuto sui fianchi, alzò gli spallini e il suono della tenda che si apriva mi riportò alla realtà.
La vidi dirigersi verso di me, finsi di essere impegnata a esporre dei nuovi foulard finché me la trovai di fronte.
Era sorridente – sapeva nascondere bene il suo segreto. Avrei forse dovuto dirle di averlo scoperto? Cosa sarebbe successo se l’avessi fatto? – e mi chiese di aiutarla a chiudere i 4 bottoni sul retro dell’abito che le avevo consigliato.
Acconsentii, lei sollevò i capelli biondi emanando un intenso profumo di muschio bianco e la punta delle mie dita le sfiorò la nuca. Sentii un brivido percorrermi la schiena e vacillai per un secondo.
I miei capezzoli inturgiditi erano il centro nevralgico della mia sensibilità epidermica: ciò che toccavo, come sempre, mandava loro un messaggio e da quei piccoli chiodini traditori partivano scariche di piacere che facevano fremere tutto il mio corpo.
La situazione si fece decisamente umida.

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continua...
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